Sempre aggiornati? Iscriviti alla community AISCUOLA
Valditara e le Nuove Indicazioni:
non è un ritorno al passato ma la fotografia di un presente avariato
Sulle nuove indicazioni di Valditara si può avanzare una lettura tanto semplice quanto illuminante, un inedito punto di vista: le Indicazioni del 2025 non rappresentano un ritorno al passato, bensì la cruda e desolante descrizione di un presente scolastico già profondamente retrogrado.
La realtà, spesso taciuta ma palpabile nelle aule, è che la prassi didattica dominante ricalca già pedissequamente il modello che Valditara ora sembra voler istituzionalizzare: l'insegnante spiega, l'alunno (si spera) ascolta, e la verifica si riduce, nella stragrande maggioranza dei casi, a una sterile ripetizione dei contenuti. Punto. Le tanto declamate Indicazioni del 2012, con la loro enfasi sulle competenze, sulla didattica attiva e sull'apprendimento significativo, rimangono, per uno sconfortante 90% dei docenti, lettera morta.
Ora, il Ministro Valditara attribuisce i disastrosi risultati della scuola italiana, quel vergognoso 28% di analfabeti funzionali, proprio a quelle indicazioni in gran parte inapplicate. Ma se nessuno le ha realmente messe in pratica, come possono esserne le responsabili? Il ragionamento non regge.
Anche ipotizzando che le nuove direttive fossero un concentrato di sapienza pedagogica, la loro efficacia si scontrerebbe con un muro invalicabile: la totale assenza di un sistema di controllo sull'efficacia dell'insegnamento. Ci si affanna a valutare il mezzo punto in più o in meno dello studente, ma vige un tabù assoluto sulla valutazione dei docenti. Avranno pure cambiato il nome al Ministero, ma il merito di un alunno non dovrebbe dipendere dal merito del suo insegnante? Un docente che investe energie, che sperimenta la didattica laboratoriale, che promuove il lavoro di gruppo su compiti autentici e l'uso di esercizi interattivi, non vedrà mai riconosciuto il proprio impegno in termini di carriera. Il suo stipendio resterà identico a quello di chi adotta l'approccio più comodo e, spesso, verrà persino guardato con sospetto come un elemento di disturbo.
Se la verità è che, una volta chiusa la porta dell'aula, nove insegnanti su dieci continuano a fare lezione come preferiscono, spesso nel modo meno faticoso possibile, allora a cosa servono queste nuove indicazioni? Non saranno altro che un'inutile cornice normativa a una realtà didattica già tristemente ancorata al passato, un passato che non ha bisogno di essere "ritrovato" perché è fin troppo presente nelle nostre scuole.